domenica 12 novembre 2017

Celebrità, amori giovanili ed escort: Dalla parte di Swann

Le celebrità, come le twistar, esistevano prima di Twitter, e prima del Cinema, ma i meccanismi erano totalmente diversi. Anche il gossip era viaggiava in modo diverso. Questo Young Adult in sette parti ce lo racconta.

La saga è ambientata verso la fine dell’ottocento e le persone famose sono i nobili ed i ricchi. Non c’erano i selfie, e anche le fotografie erano molto care, quindi l’unico modo per dimostrare che si aveva incontrato una persona famosa era avere dei testimoni che possano confermarlo. Succedeva anche che alcune persone ricche e famose non fossero proprio di bell’aspetto e quindi la prima volta che le si incontra di persona si rimane molto delusi.

Il protagonista della saga è un ragazzo che viene ospitato da una zia in una casa in un paesino poco fuori da Parigi. Egli è timido, ama leggere e fare lunghe passeggiate nel paesino, che è pieno di verde. Uscendo dalla casa in cui abita, si può andare dalla parte di Swann che rappresenta il nuovo, ed una parte dei Guermantes, che rappresentano l’antico.

In una delle passeggiate, il ragazzo vede una ragazza e se ne innamora a vista d’occhio, ma non sa come si chiama ed ha paura di chiedere alla propria famiglia chi è. Dopo un po’ scopre che la ragazza si chiama Gilberte. Parte così un lungo inseguimento in cui il protagonista cerca di incontrare la sua amata.
Gilberte

A questo punto, nel romanzo, comincia un flashback nel quale c’è un’altra storia d’amore. Charles è un ebreo ricco e famoso, ma che ama sedurre donne di classe sociale inferiore alla sua, ad esempio, una cameriera, la figlia di un fattore di campagna o una cuoca.

Charles e Odette
Un giorno, a teatro, Charles incontra Odette e a prima vista, Odette non gli fa né caldo, né freddo. Poi cominciano a frequentare lo stesso salotto, nel quale ci sono anche musicisti, pittori, medici, ma persone non particolarmente raffinate. Si scopre che Odette è una cocotte, cioè una escort di quei tempi, mentre Charles, senza raccontarlo in giro, fa pranzi e cene con le twistar di allora, ma è troppo modesto per sbandierare la cosa ai quattro venti. Charles comincia ad interessarsi ad Odette, ma questa sembra essere affascinata anche dal Conte di Forcheville.

Come finirà la storia tra Chales e Odette? E tra il ragazzo e Gilberte? Cosa collega tra loro le due storie d'amore? Lo scoprirete leggendo il libro!

giovedì 2 giugno 2016

Cinquanta sfumature di Agile

Spesso sentiamo dire dai nostri colleghi la frase: «Noi non facciamo Agile da manuale». Non possiamo fare a meno di percepire il senso di colpa di chi parla, che si sente una specie di eccezione alla regola, alla stregua di un brutto anatroccolo.
In questo post, per agile, intendo i modelli a processo agile.
Negli anni, ho sentito questa frase così spesso, che ho cominciato a chiedermi se qualcuno facesse effettivamente Agile da manuale e, in generale, su quali basi di conoscenza si fondassero le metodologie agili.
Le discipline coinvolte in questo approfondimento sono la psicologia e la sociologia del lavoro.

Modelli a processo agile

Roger S. Pressman, nel libro Principi di Ingegneria del Software, descrive diversi modelli a processo agile:
  • Extreme Programming;
  • Sviluppo di Software Adattativo (ASD, Adaptive Software Development);
  • Dynamic Systems Development Method;
  • Scrum;
  • Crystal;
  • Feature Driven Development;
  • Agile Modeling.
Di solito, nessuno di questi approcci viene applicato alla lettera.

I metodi Agile come teorie di progettazione del lavoro

Le teorie di progettazione del lavoro sono un ambito di studio all’interno della psicologia del lavoro. Tale studio è finalizzato al raggiungimento degli obiettivi aziendali e alla riduzione dei problemi dei lavoratori.
In tale ambito di studio, nel 1976, Richard Hackman e Greg Oldham hanno proposto un modello, detto “Job characteristic theory”, secondo il quale, se il lavoratore ha delle capacità ampie e fa cose diverse, ha dei compiti assegnati unicamente a lui dei quali conosce l'importanza, può svolgerli in autonomia e conoscerne l'esito; allora il lavoratore sarà più motivato e soddisfatto, farà un lavoro di maggiore qualità e tenderà ad essere meno assente ed a dimettersi di meno.
Analizziamo punto per punto quello che la Job characteristic theory dice dell’Agile:
  • varietà delle abilità: questa caratteristica viene migliorata con l'agile e con il principio secondo il quale tutti devono essere in grado di fare tutto;
  • identificazione con i compiti: dipende dai responsabili, in alcuni casi è possibile con l'agile, in altri no;
  • conoscenza del significato dei compiti: il principio della comunicazione stretta e del coinvolgimento del cliente favoriscono questa conoscenza;
  • retroazione: avere dei cicli di sviluppo di breve durata permette di sapere come stanno andando le cose, quali funzionano e quali no.
Quindi, se si opera anche per garantire l'identificazione tra il lavoratore ed il compito, cosa su cui l'agile non si pronuncia, l'agile favorisce la motivazione dei lavoratori.

Il profitto a breve termine e il primum vivere

Primum vivere deinde philosophari è una frase latina che significa letteralmente prima vivere, poi filosofare. Incoraggia quindi un approccio utilitarista alla vita.
Sul profitto a breve termine e sul primum vivere si è espresso Francesco Novara (psicologo del lavoro presso Olivetti) dicendo che se un lavoratore è precario e sa che la sua permanenza nell’azienda sarà di tre mesi, farà onestamente il compito assegnatogli, ma non svilupperà le conoscenze necessarie al miglioramento del suo lavoro.
La ricerca del profitto a breve termine è contraria all’investimento, che non è solo di tipo economico, l’investimento è anche di tipo psicologico, ad esempio l’energia che un programmatore potrebbe investire per approfondire le proprie conoscenze di un determinato ambito.

La funzione psicologica del lavoro

Stiamo passando da delle modalità lavorative nelle quali l’iniziativa soggettiva non trovava nessuno spazio; a dei contesti nei quali questa iniziativa è necessaria ogni giorno. Ai lavoratori viene richiesta questa attivazione per conciliare quello che non è conciliabile: regolarità, velocità, qualità, sicurezza. Questi conflitti, tra criteri ed obiettivi che non possono essere realizzati simultaneamente, vengono interiorizzati e comportano nuove dissociazioni, che possono portare alla schizofrenia.
La schizofrenia è quando una persona non riesce più a percepire la differenza tra sé ed il mondo esterno e confonde i propri eventi mentali con quelli del mondo esterno.
Si ha quindi una attività lavorativa nella quale i lavoratori sono chiamati ad assumersi le proprie responsabilità, senza avere il potere di agire.

L’utilitarismo

L’utilitarismo nasce in Inghilterra a seguito del positivismo francese. Mentre il positivismo francese promuoveva l’emancipazione dei popoli, l’utilitarismo propone di andare verso il massimo piacere possibile per tutti e tende ad identificare le azioni utili con quelle azioni che aumentano il piacere del maggior numero di persone. L’obiettivo utilitario viene spesso identificato con il massimo prodotto generato.
Gli approcci Agile sono di tipo utilitario, perché da molta importanza al prodotto finale ed ai desideri del cliente, infatti all’inizio del Manifesto Agile, c’è scritto:
La nostra massima priorità è soddisfare il cliente rilasciando software di valore, fin da subito e in maniera continua.

Il paradosso di Easterlin

Il paradosso afferma che non esiste una correlazione significativa e robusta tra reddito e felicità soggettiva. Ecco la spiegazione del paradosso:
La principale spiegazione economica al «paradosso della felicità» è stata avanzata dall’economista americano Robert Frank e dall’inglese Richard Layard, i quali si soffermano sui meccanismi di competizione e di rivalità. Queste teorie affermano che il benessere che traggo dal mio reddito o consumo dipende soprattutto dal confronto tra il mio reddito e quello degli altri con cui mi confronto o competo. Il benessere che mi deriva dall’acquistare un’auto nuova, ad esempio, può essere inferiore se vedo il mio vicino acquistarne una più bella e più grande. Il «consumo vistoso» può generare una sorta di competizione posizionale, nella quale si è sempre impegnati a superare gli altri, o quantomeno a stare al loro passo. La competizione posizionale spiegherebbe perché all’aumentare del reddito la felicità non aumenta di pari passo: se insieme al mio reddito aumenta anche il reddito del vicino, allora sono punto e a capo.
Riassumendo: l’Agile si giustifica all’interno di un approccio utilitarista, ma l’utilitarismo stesso non è in grado di garantire la felicità agli individui. Quindi l’Agile non è in grado di garantire la felicità degli individui.

Teorie sposate e teorie usate

Le parole che usiamo per indicare quello che noi facciamo, o meglio, vogliamo far credere agli altri che facciamo, è la teoria sposata.
Quando viene chiesto a qualcuno come si comporterebbe in una certa circostanza, la risposta che viene data di solito è la sua teoria d’azione sposata per quella situazione. Questa è la teoria d’azione che crea obbedienza e che, su richiesta, viene comunicata agli altri. Comunque, la teoria che governa le sue vere azioni è la teoria in uso. (Argyris e Schön 1974: 6-7)
Fare questa distinzione ci permette di porci delle domande su quanto ogni comportamento corrisponda alla teoria sposata; e se le emozioni interne vengano espresse mediante le azioni. In altre parole, c’è congruenza tra le due?
Il libro “Inner Contradictions of Rigorous Research” di Argyris cerca di aumentare la congruenza tra le teorie in uso e le teorie sposate. Ad esempio, spiegare le nostre azioni ad un collega può far emergere una parte di teoria conveniente. Ad esempio, possiamo spiegare la nostra uscita improvvisa dall’ufficio dicendo che c’è stato un problema legato ad un cliente, mentre nella teoria in uso, il vero motivo per il quale siamo usciti dall’ufficio era che eravamo annoiati dalla burocrazia o dalla riunione e che una uscita da questa situazione avrebbe giovato.
Sembra che l’Agile sia una teoria sposata, mentre in realtà, le stesse persone che promuovono l’Agile, ragionano in un approccio a cascata.

I lavoratori inadeguati e fragili

Yves Clot, psicologo al Conservatoire des art et métiers di Parigi, dichiara:
Non sono i lavoratori a essere troppo “inadeguati”, fragili, da “curare”. È il lavoro e il modo in cui è organizzato che vanno curati. Un modo gretto, meschino che spinge un numero sempre crescente di colletti bianchi a sopportare un lavoro ni fait ni à faire. Molta capacità, molta voglia d'impegnarsi viene dispersa, le risorse psicologiche e sociali dei salariati vengono buttate via, le loro energie perdute all'interno di un'organizzazione che non sa cosa farsene.
Questo esempio mostra nuovamente come, spesso, le colpe dell’organizzazione vengano scaricate sui dipendenti, creando un contesto nel quale risulta difficile innovare e sperimentare nuovi metodi. Quindi, per permettere il miglioramento continuo, è necessario contrastare queste tendenze negative.

Primo Levi e la spasmodica corsa alla competitività

Riporto un brano estratto da “Etica della cura. Riflessioni e testimonianze su nuove prospettive di relazione” di Virginio Colmegna:
In questa situazione la medicina riproduce i rapporti di produzione del lavoro industriale in cui Marx vedeva il pericolo dell'alienazione dell’uomo.
Nel suo libro Souffrance en France lo psicologo del lavoro Christophe Dejours traccia un quadro della pressione esercitata oggi sui rapporti nel mondo del lavoro in nome di quella spasmodica corsa alla competitività che l'economia neoliberista ha fatto prevalere come legge universale delle relazioni umane.
Gli individui vengono indotti a spezzare ogni legame cooperativo fra di loro, riproducendo quella stessa «banalità del male» che Hannah Arendt riconobbe e descrisse all'opera nella terribile macchina dello sterminio nazista. I carnefici dei fratelli non sono mostri o pervertiti patologici, ma sono in tutto e per tutto «brave persone», a volte addirittura i migliori. Essi vengono però addestrati a sopire ogni reazione alla vista della sofferenza altrui, spesso aiutati da richiami a forti odori, se non più etici e altisonanti (la purezza della razza) almeno di tipo aziendale. E sono inoltre continuamente sospinti da un lato dalla paura di perdere la propria posizione, economica e sociale, dall'altra di non mostrare il coraggio richiesto qualora non fossero abbastanza pronti a realizzare quella selezione naturale, che trova un appoggio teorico nell'adattamento della teoria darwiniana, e che Primo Levi, uno dei pochi rimasti a raccontarla, descrive come il meccanismo di Selektja che continuamente veniva operata nei campi di sterminio.
Con sommo sconforto Dejours osserva che l'odierna banalità del male pervade ormai tutto l’ambiente lavorativo, e che timi vengono resi abbastanza adatti a essere di volta in volta carnefici implacabili e poi vittime rassegnate.
Questa situazione è esattamente il contrario di quanto è necessario per creare un ambiente lavorativo sereno.

Conclusioni

Le difficoltà nell’implementazione delle metodologie agili spesso derivano dalle dinamiche psicologiche e sociologiche delle organizzazioni. Una rimozione completa della mentalità dell’azienda risulta essere impossibile, quindi è cruciale cercare un compromesso tra l’organizzazione precedente e quella verso la quale si cerca di andare.

Bibliografia

  • I principi sottostanti al Manifesto Agile
  • Yves Clot, “La funzione psicologica del lavoro”
  • Dominique Méda “Società senza lavoro. Per una nuova filosofia dell'occupazione”
  • Argentero, Cortese, Piccardo, “Psicologia del lavoro”
  • Argyris, C., Schön, D.A. 1974. “Theory in Practice: Increasing Professional Effectiveness.” San Francisco: Jossey-Bass.
  • Christophe Dejours, “L’ingranaggio siamo noi”, Mannucci Editore, 2000

sabato 24 ottobre 2015

La crisi morale e sociale

Molto si è detto della crisi economica, ma poco su quella morale e sociale.

La crisi morale riguarda principalmente i grandi agglomerati urbani e diminuisce allontanandosi dalle città. Le persone tendono a sentirsi parte del luogo in cui abitano ed ad usarlo come parte della propria identità. La rivalità tra pisani e livornesi è l'esempio principe di questo fenomeno.
Nei grandi agglomerati urbani, non c'è lo spirito di comunità e c'è la possibilità di fare cose contro la moralità comune senza essere scoperti, cosa che non si verifica nei piccoli centri.
La possibilità di viaggiare, ed in alcuni casi, l'obbligo a viaggiare per trovare un lavoro, crea una contraddizione tra i valori morali del luogo da cui si proviene ed il luogo in cui si vive e si lavora. Si pensi al minatore, degli anni 1970, proveniente dal Sud Italia, che lavorava in Belgio. Si immagini il disagio al quale possa essere sottoposto.
La crisi sociale è dovuta al fatto che interi paesi si sono svuotati e si sono create dei comuni-fantasma in cui ci sono solo anziani. Anche quando gli anziani sono in città, non hanno il ruolo di portatori di esperienza e saggezza, ma di persona che deve essere accudita e sopportata.
Gli influssi principali sono la disoccupazione, tanto auto-razzismo, le pubblicità che avvelenano le nostre menti, le serie televisive che ci propongono storie totalmente impossibili in qualunque parte del mondo.

Succede da decenni, ma ciò che è cambiato è la qualità degli spettacoli televisivi e la quantità di tempo che viene trascorsa davanti al televisore.
I primi televisori erano dei francobolli luminosi celestini. Ci si metteva davanti una lente d'ingrandimento per vedere meglio. Con televisori più grandi, di alta qualità e con gli smarphone ed i tablet, è cambiata la scala del fenomeno.
Adesso ci sono dei televisori pubblicitari anche nelle stazioni dei treni (e nei treni) e nelle vetrine delle banche (!!!).
La crisi sociale è un fenomeno graduale, quindi si può dire che è cominciato ad un certo punto.

La pubblicità fornisce una informazione distorta sul mondo. Il messaggio di base della pubblicità è che tutto ciò che devi fare per essere felice è comprare quel prodotto o quel servizio. Facendo questo, la pubblicità spinge sull'egoismo, sulla vanità legata al proprio aspetto fisico, sull'opportunismo e sul culto di se stessi. A questo aggiungo il giudicare le persone in base al conto in banca e non rispetto al comportamento.
Si sono visti anche fenomeni di pubblicità progresso e pubblicità che spingono a fare cose positive, ma si tratta di una sparuta minoranza.
Tutte queste cose che promuove la pubblicità, di per sé non sono negative. Diventano negative quando vengono esasperate fino al punto in cui cominciamo a considerarle le uniche possibili.
Questo ha anche l'effetto di deformare le conversazioni tra le persone. Questa società ci spinge a fingere di essere sempre come i personaggi della TV: allegri e spensierati. Ma cosa succede quando qualcosa ci va male ed abbiamo bisogno di confidarci per sfogarci o ottenere consigli? Succede che o non lo facciamo, e ci teniamo dentro la tristezza, oppure lo facciamo, ma cominciamo ad avere la fama del piagnone o della piagnona (o i gufi di Renzi).
Quindi, di fatto spariscono tutti i valori che non hanno nessun legame col denaro. Insieme a loro, ci sentiamo il dovere di essere come i personaggi TV.


Per approfondire

Sulla costruzione delle identià Il potere delle identità di Manuel Castells.
Riguardo alla crisi della società Liquid Modernity di Zygmunt Bauman.
A proposito della critica della pubblicità un po' tutta l'opera di Theodor Adorno e Herbert Marcuse. Tra i più recenti No Logo di Naomi Klein.

mercoledì 8 aprile 2015

Agile dal punto di vista della psicologia e della sociologia

Lo sviluppo agile del software propone un modo di gestire le fasi dello sviluppo del software e le persone coinvolte. Sulla gestione strettamente tecnica ci sono diversi ottimi libri. Ciò che mi interessa maggiormente è la parte riguardante l'organizzazione del lavoro delle persone e vedere se tale parte è coerente con le teorie sul lavoro che sono state elaborate dai psicologi e dai sociologi.
Da un punto di vista psicologico, si può dire che l'agile sia una work design theory, un tipo di teoria delle quali esistono diversi esempi.

Agile e l'organizzazione del lavoro

Agile incoraggia la comunicazione stretta dei membri del team di lavoro ed il coinvolgimento del cliente in molte fasi della progettazione e dello sviluppo.
Inoltre, avere dei cicli di sviluppo brevi permette di conoscere a scadenze fissate l'esito delle attività intraprese. Si ha anche un principio di auto-organizzazione dei gruppi di sviluppo, che permette a chi fa parte dei gruppi di avere un'alta autonomia.

Teoria delle caratteristiche del lavoro

Nel 1976, Richard Hackman e Greg Oldham hanno proposto un modello secondo il quale, se il lavoratore ha delle capacità ampie e fa cose diverse, ha dei compiti assegnati unicamente a lui dei quali conosce l'importanza, può svolgerli in autonomia e conoscerne l'esito; allora il lavoratore sarà più motivato e soddisfatto, farà un lavoro di maggiore qualità e tenderà ad essere meno assente ed a dimettersi di meno.
Schema riassuntivo della teoria

Nel 2007 è stata prodotta una forma più elaborata di questa teoria, però per semplicità è meglio usare la versione classica.

Cosa dice la teoria sull'agile?

Analizziamo punto per punto:
  • varietà delle abilità: questa caratteristica viene migliorata con l'agile e con il principio secondo il quale tutti devono essere in grado di fare tutto;
  • identificazione con i compiti: dipende dai responsabili, in alcuni casi è possibile con l'agile, in altri no;
  • conoscenza del significato dei compiti: il principio della comunicazione stretta e del coinvolgimento del cliente favoriscono questa conoscenza;
  • retroazione: avere dei cicli di sviluppo di breve durata permette di sapere come stanno andando le cose, quali funzionano e quali no.
Quindi, se si opera anche per garantire l'identificazione tra il lavoratore ed il compito, cosa su cui l'agile non si pronuncia, l'agile favorisce la motivazione dei lavoratori.

Il circolo vizioso e la comunità di pratica

Gabriele Lana ha descritto un circolo vizioso all'interno del quale i programmatori rimangono:
  1. i programmatori occupano la posizione più bassa all'interno della piramide aziendale;
  2. per tale motivo, il loro lavoro costa poco e non c'è una significativa differenza tra le qualità professionali di un programmatore e quelle di un altro;
  3. per un programmatore, provare a migliorare le proprie capacità è inutile, in quanto anche migliorando le proprie conoscenze la situazione non cambia;
  4. ciò porta ad una situazione nella quale le capacità dei programmatori sono mediocri.
Secondo il creatore dello schema, la soluzione sarebbe a partire dall'etica. Ogni programmatore dovrebbe decidere di migliorare le proprie conoscenze e competenze lavorative non per un premio economico, ma perché si sente la responsabilità di ciò che fa.
Probabilmente il tipo di comunità che ha in mente Gabriele Lana è la comunità di pratica, cioè quel tipo di comunità nelle quali si collabora, si condivide la conoscenza e si ha come obiettivo il miglioramento del sapere collettivo.
Come è possibile che ci sia un circolo vizioso di questo tipo quando si sa come fare in modo che i programmatori svolgano un lavoro di alta qualità?
Si può migliorare l'approccio agile in modo che contribuisca alla creazione di una comunità di pratica all'interno delle aziende?

La teoria del processo lavorativo

Nel 1974 Harry Braverman ha pubblicato un libro nel quale effettua una analisi del peggioramento della condizione dei lavoratori. Stava accadendo che i lavoratori specializzati venivano costretti a svolgere compiti che richiedevano sempre meno abilità, creando di fatto un demansionamento ed costringendo i lavoratori ad accettare uno stipendio più basso di quello che avevano avuto finora. Tale processo viene anche descritto come deskilling.
La teoria originata da questo libro prende il nome di Labour Process Theory.
Vi ricorda qualcosa?
A me sembra che la stessa cosa sia avvenuta con i programmatori negli ultimi 20 anni.

Conclusioni

Abbiamo visto le teorie psicologiche e sociologiche sono in grado di spiegare come l'agile possa rendere più motivati e produttivi i lavoratori. Il problema è che questi lavoratori motivati e produttivi potrebbero chiedere degli stipendi più alti. La soluzione che viene adottata è piuttosto quella di far svolgere ai lavoratori delle attività molto più semplici di quelle che loro sono in grado di svolgere, per pagarli di meno.

lunedì 6 aprile 2015

Postmodernismo filosofico e metodologie agili

Scrivo questo post per cercare di capire se la mia intuizione di un legame tra il postmodernismo in filosofia e le metodologie agili possa avere senso o meno.
Il postmodernismo è descritto nel libro La condizione postmoderna di Jean-François Lyotard. Nel libro si parla del fatto che anticamente le strutture di potere e di sapere venivano giustificate da delle meta-narrazioni che ci facevano capire quanto queste istituzioni fossero importanti.
Vediamo le metanarrazioni:
  • illuminista: «emancipazione dall'ignoranza e dalla schiavitù attraverso la conoscenza e l'ugualitarismo»;
  • idealista: «realizzazione dll'idea universale attraverso la dialettica del concreto»;
  • marxista: «emancipazione dallo sfruttamento e dell'alienazione attraverso la socializzazione ed il lavoro»;
  • capitalista: «emancipazione dalla povertà attraverso lo sviluppo tecnico-industriale»
  • cristiana: «salvezza delle creature attraverso la conversione delle anime al racconto cristico dell'amore martire»
 Vi cito questa descrizione del sapere postmoderno:
In sintesi, il sapere postmoderno, così come lo presenta Lyotard, è un tipo di sapere che, dopo aver rifiutato le spiegazioni rigide e le giustificazioni di insieme, insiste sulla libera e imprevedibile attività della mente umana, la quale, basandosi su di una razionalità a raggio corto, procede mossa dopo mossa, mirando a legittimazioni fluide, parziali, relative, locali, reversibili e differenziate - a seconda degli specifici campi o settori a cui si applica.
Le metanarrazioni che le metodologie agili cercano di smontare sono:
  • i processi e gli strumenti permetteranno di scrivere software funzionante ed adeguato ai bisogni del cliente
  • la documentazione esaustiva permetterà di risolvere ogni dubbio riguardante i requisiti
  • seguire un piano permetterà di arrivare all'obiettivo senza fare ritardi
Inoltre, l'organizzazione del lavoro agisce mediante degli sprint fluidi, parziali, relativi, locali, reversibili e differenziati.

domenica 25 maggio 2014

Recensione del libro "Utopie Minimaliste" di Luigi Zoja

L'ultimo libro di Luigi Zoja, psicoanalista junghiano,
contribuisce sia a mettere in evidenza i paradossi e le assurdità della società nella quale stiamo vivendo, che a proporre un modello di società utopica basata su un’etica collettiva; attraverso una rielaborazione del pensiero di Hans Jonas.
Spiego il titolo del libro. Per utopia si intende:
Formulazione di un assetto politico, sociale, religioso che non trova riscontro nella realtà ma che viene proposto come ideale e come modello; il termine è talvolta assunto con valore fortemente limitativo (modello non realizzabile, astratto), altre volte invece se ne sottolinea la forza critica verso situazioni esistenti e la positiva capacità di orientare forme di rinnovamento sociale.
Viene scritto come la generazione che ha creduto nelle utopie, quella dei baby boomers, definita dall'autore come la generazione partecipe, abbia ottenuto la più uniforme distribuzione delle ricchezze, misurata attraverso l'indice di Gini. Le generazioni successive hanno visto questa distribuzione accentrarsi molto.
Per capire cosa si intenda per minimalismo, si può pensare al minimalismo in senso economico e di boicottaggio dei prodotti inutili. Questi oggetti di cui non abbiamo veramente bisogno, come ad esempio il telefono cellulare nuovo quando già neabbiamo uno perfettamente funzionante, oppure la terza automobile in famiglia quando ve ne sono già due. Questi ragionamenti vengono sostenuti anche dal movimento per la decrescita felice. Ma il minimalismo compare anche nella storia della rivoluzione russa:
bolscevismo Movimento politico e dottrina sviluppatisi in Russia. Il b. nacque all’interno del Partito operaio socialdemocratico russo, fondato nel 1898 da G.V. Plechanov e da P. Axelrod. Durante il secondo congresso, che si tenne a Londra nel 1903, il partito si era suddiviso in due frazioni, massimalista e minimalista. I bolscevichi (dal russo bol´ševik «maggioritario») rappresentavano la corrente più rivoluzionaria, che si opponeva alla minoranza dei menscevichi (dal russo men′ševik «minoritario»). Guidati da Lenin, che sviluppò la sua concezione organizzativa nel Che fare? (1902), i bolscevichi erano convinti della necessità di costruire un partito formato da rivoluzionari di professione, caratterizzato da una rigorosa disciplina e da un severo centralismo (evolutosi poi in «centralismo democratico»).
Un altro concetto molto importante per capire il testo è quello di individuazione, per come viene inteso nella psicologia analitica di Karl Gustav Jung:
I disturbi psichici, quindi, non possono essere sempre ricondotti a una causa di tipo sessuale, ma vanno compresi nel più generale processo di individuazione attraverso il quale l’intera personalità di un individuo viene progressivamente alla luce. Tale processo ha, per un verso, un carattere ‘involontario’, ma, per altro verso, può realizzarsi pienamente e in modo equilibrato soltanto se la sfera cosciente vi prende parte, integrando progressivamente le istanze che emergono dalla sfera inconscia. Guidato dalla ‘logica’ della personalità nella sua interezza (il Sé), il processo di individuazione può tuttavia essere avvertito come pericoloso o inaccettabile dalla coscienza, che rappresenta soltanto una parte della personalità (e quindi segue una logica ‘parziale’, condizionata anche dall’adattamento al contesto sociale).
Il testo è notevole, perché seguento la filosofia di Hans Jonas smonta sia l’utopia comunista, che quella del “libero” mercato. Viene fatta una psicoanalisi di Ernesto “Che” Guevara come esempio di utopia massimalista che come risultato ha portato il contrario di ciò che affermava come il proprio obiettivo iniziale.
Il dibattito tra Michel Foucault e Noam Chomsky
L’altro esempio di utopia minimalista che viene presentato nel libro è quello di Michel Foucault nel dibattito con Noam Chomsky. Foucalt prevede un sovvertimento violento della società dal basso.
Porta come esempi anche quelli della pizza e della Coca Cola che vengono consumate anche da chi fa sacrifici per arrivare a fine mese come rituale collettivo.
L’autore spiega come spesso succeda che delle persone intelligenti, pur di seguire dei comportamenti che ormai sono abitudinari e socialmente accettati, compiano delle azioni che non portano alcun vantaggio né a loro, né alle persone che gli sono intorno. Lo psicoanalista consiglia, infatti, prima di prendere una decisione riguardante anche le azioni più semplici, quale sia il motivo reale per il quale si compie tale azione e chi ne abbia effettivamente vantaggio.
Tra gli esempi concreti che vengono portati, c'è l'esempio della vacanza. Nonostante il fatto che oggi compriamo le automobili per andare in vacanza, grazie ad internet potremmo scoprire un pacchetto vacanze per l’Australia, che ci porta a lasciare l’auto in garage, il cane nel canile e la nonna nel pensionato, con conseguenti sensi di colpa. Tutto questo per poi andare in vacanza a fare di tutto per sentirsi ancora a casa: cercando notizie dall’Italia e cibo italiano. Probabilmente non era necessario andare così lontano per rilassarsi un po' e probabilmente si sarebbe potuto andare in un posto in cui sia possibile portare con sé sia la nonna che il cane.

Tra le cose che possono essere migliorate nel libro sono alcuni passaggi in cui scelte e decisioni sono poco argomentate. Un esempio è quello in cui si afferma che presumibilmente i popoli nativi dell’America pensino che le terre siano loro state assegnate dal destino. Luigi Zoja non spiega su cosa basi questa considerazione. Un altro esempio è la scelta della costituzione americana come oggetto di studio per trovare dei principi. Il fatto che sia una nazione egemone non significa che i pricipi siano migliori. In altri casi l’autore presuppone nei lettori una conoscenza della storia che spesso questi non hanno.
Spesso vengono citate altre opere dell’autore stesso senza fornire un riassunto dell’opera, il che rende quasi futile la citazione, che comincia a sembrare più una pubblicità degli altri libri, che un contributo vero e proprio alla tesi che si sta portando avanti. Anche la frequenza di tali citazioni è eccessiva.
Dal punto di vista linguistico, il testo presenta molti inglesismi, che in alcuni casi si trasformano in errori grammaticali veri e propri, che scompaiono se si cerca di pensare la stessa frase in inglese. Probabilmente il testo avrebbe meritato una ulteriore rilettura da parte di un esperto di italiano.
Il volume è di respiro molto ampio, sia per quanto riguarda i riferimenti storici che quelli alla politica internazionale, che all’economia. Sembra mancare una unione di fondo di tutte queste tematiche.
Un libro simile per ampiezza di respiro e per conclusioni è “Il punto di svolta” di Fritjof Capra.

sabato 3 maggio 2014

Riuso delle idee, programmazione ed etica


Che cosa intendo per riuso delle idee? Beh, è una specie di riuso del codice! Il riuso del codice è un concetto molto importante della programmazione modulare, perché ci permette di non riscrivere lo stesso codice più di una volta e di testare con maggiore enfasi le parti di codice che vengono richiamate più spesso. In modo analogo, il riuso delle idee ci dà la possibilità di usare nuovamente delle idee che sono state proposte e discusse anche secoli fa. Ma come fanno delle idee così antiche ad essere rilevanti oggi, vi chiederete. Continuate a leggere e lo scoprirete.
All'Agile Day 2011 Gabriele Lana ha fatto una presentazione molto interessante per diversi motivi. 



La professione dello sviluppatore - Gabriele Lana - Agile Day 2011 Roma from GrUSP on Vimeo.





All'inizio parla del fatto che i programmatori si vergognano di ammettere di essere programmatori.
Prosegue dicendo che l'agile funziona se le persone presenti all'interno del team sono etiche e tecnicamente abili, ma non se la squadra non è composta da persone competenti.
Poi ha cominciato a parlare degli anni 1990 come il medio evo dello sviluppo software in quanto è stata creata una industria formata da aziende di tipo piramidale nelle quali la condizione più bassa e svantaggiata, quella che veniva ricoperta dai servi della gleba, viene occupata dai programmatori.
Successivamente viene introdotto un modello degenerativo auto-alimentante, fatto in quattro passi:
  1. l'attività svolta dal programmatore deve essere una commodity, che secondo la definizione Treccani è una «Sostanza ottenuta industrialmente in grande quantità (prodotto di massa), e in genere a basso costo, che costituisce la base per la produzione di molte altre sostanze.»
  2. da ciò consegue il fatto che l'attività del programmatore debba essere di qualità mediocre, cosa che è sbagliata, perché i mediocri dovrebbero essere i computer
  3. di conseguenza, per una persona che svolge il mestiere del programmatore, sarà inutile cercare di migliorare le proprie capacità
  4. e quindi il lavoro di questa classe sociale sarà sempre a basso prezzo e sostituibile
Ora cercherò di fare il primo riuso di idee. Nella teoria marxiana del valore:

Marx nota inoltre come il lavoro alienato dai lavoratori possa essere reso sociale solo annullandone le particolarità concrete ed utili e riducendolo a lavoro generico, qualitativamente identico, i cui prodotti sono proprio per questo equivalenti e quantitativamente comparabili. Nella società capitalista, in cui il dominio degli sfruttatori sugli sfruttati non avviene in virtù di arbitrio o prescrizioni legislative, morali o religiose, i rapporti sociali tra gli individui assumono così l’apparenza di rapporti tra cose poiché mediati dai rapporti di scambio, cioè da un meccanismo impersonale dominato dai prodotti del lavoro. Tali prodotti, vere e proprie "cristallizzazioni" di lavoro astratto, realizzano il proprio prezzo scambiandosi contro denaro.
A mio avviso, questo estratto da Wikipedia, che riassume parte del pensiero di Karl Marx scritto ne Il Capitale nell'anno 1870, è simile a quello che Gabriele Lana ci ha raccontato nel 2011. Perché questa somiglianza dovrebbe essere significativa, se nel 1870 non esistevano né computer né tantomeno i programmatori? Perché il pensiero di Marx è l'equivalente di codice che sta in produzione da 140 anni: diversi filosofi l'hanno analizzato e ne hanno evidenziato i punti di forza e di debolezza. Da sottolineare che sia Marx che Lana si rendono conto che la situazione attuale sia dovuta alla mancanza di etica e di morale.

Nella sua presentazione, Lana spiega un concetto da lui formulato con questa tautologia: «Software developers are needed for software development … no one else is … ». Con questo vuole dire che lo sviluppatore software è l'unica figura assolutamente indispensabile nel processo di realizzazione dei Understanding the professional programmer di Gerald M Weimberg:
programmi. Cita un passo dell'opera:

Programming a computer does require intelligence. Indeed, it requires so much intelligence that nobody really does it very well. Sure, some programmers are better than others, but we all bump and crash around like overgrown infants. Why? Because programming is by far the hardest intellectual task that human beings have tried to do. Ever.
Il passo citato sembra affermare che l'attività del programmatore sia il compito intellettuale più complicato che possa essere fatto.

La soluzione che Lana propone è quella di aderire ad una etica professionale. Vengono esposti i principi seguenti:
  • prendersi la responsabilità di ciò che si sta facendo, in particolare del codice che viene scritto
  • essere orgogliosi del proprio lavoro
  • continuare a migliorare le proprie competenze, attraverso la pratica, a prescindere dal fatto che nel modello degenerativo di cui sopra
  • imparare a comunicare in modo efficace
  • essere maestro di qualcuno
  • essere allievo di qualcuno
  • partecipare alle comunità di programmatori
  • non partecipare ad attività che sono contrarie alle proprie convinzioni etiche
  • prendersi buona cura del proprio corpo

A proposito di etica, uno dei filosofi che l'ha analizzata maggiormente è :
Immanuel Kant. Secondo Tale filosofo ogni persona deve essere contemporaneamente legislatore e giudice di sé. Questo implica che un individuo può scegliere degli imperativi categorici per il proprio comportamento, ma li può applicare solamente a sé stesso, non ad una terza persona.
Kant distingue fra massime e imperativi. Le massime sono prescrizioni di carattere puramente soggettivo (es. vendicarsi delle offese subite), invece gli imperativi sono prescrizioni di carattere oggettivo. Gli imperativi a loro volta si suddividono in imperativi ipotetici e in imperativi categorici. I primi si presentano nella forma "se... allora": possono essere regole dell'abilità (se vuoi essere un bravo medico devi...) o consigli della prudenza (se vuoi raggiungere il benessere devi...).
A me sembra che i principi proposti da Lana siano degli imperativi categorici. Egli ha scelto quei principi etici per se stesso e ha chiarito il fatto che lui non ama né i comitati etici, né il dover dire a qualcun altro il modo in cui questo si debba comportare.

Un altro modo che Lana presenta per modificare il modello degenerativo è quello di non essere un eroe. Non essere un eroe nel senso di non essere la persona che fa sforzi disumani per tenere insieme una attività che altrimenti fallirebbe, rischiando di compromettere la propria salute. In cambio di questi sforzi enormi lo sviluppatore riceve il riconoscimento sociale e l'ammirazione dei suoi pari. Perché questo sistema funziona? Ce lo spiega Elton George Mayo:
  • L’uomo è fondamentalmente motivato da bisogni di natura sociale, ed ottiene dal rapporto con gli altri il suo senso di identità
  • In conseguenza della rivoluzione industriale e dell’organizzazione scientifica del lavoro, il lavoro stesso è privo di significato intrinseco, il quale va ricercato nei rapporti sociali che si formano sul lavoro
  • Il lavoratore è più influenzato dalla forza sociale del gruppo che da incentivi e controlli della Direzione
  • Il lavoratore risponde alla Direzione nella misura in cui essa ne rispetta i bisogni sociali.

A me questa situazione, più che gli eroi, ricorda la leggenda di Sisifo, ritenuto
essere fondatore e primo re di Corinto. Sisifo rivela al dio fluviale Asopo il fatto che Zeus avesse rapito la sua figlia. In cambio Asopo creò una sorgente perenne d'acqua a Corinto che prima aveva problemi a reperirne. Zeus mandò Tanato, l'impersonificazione stessa della morte a catturare Sisifo, ma egli riuscì a far ubriacare e a legare Tanato. Da ciò conseguì il fatto che la morte scomparve dalla Terra e nelle battaglie nessuno moriva.
Per punire Sisifo Zeus decise che Sisifo avrebbe dovuto spingere un masso dalla base alla cima di un monte. Tuttavia, ogni volta che Sisifo raggiungeva la cima, il masso rotolava nuovamente alla base del monte. Ogni volta, e per l'eternità, Sisifo avrebbe dovuto ricominciare da capo la sua scalata senza mai riuscirci.

Io penso che diversi programmatori siano consapevoli del proprio valore, ma sfruttano il proprio valore, e quindi anche il proprio potere contrattuale per lavorare il meno possibile e non fare tutte quelle attività che sono difficili e rischiose. E quindi ciò che avviene è che le attività più potenzialmente problematiche vengono assegnate alle persone che potenzialmente hanno la minore capacità di risolverle, perché queste persone hanno meno potere contrattuale.

Penso anche che se gli operai sono riusciti attraverso gli scioperi ad ottenere maggiori diritti, possano riuscirci anche gli sviluppatori, ma prima di arrivare a ciò è necessario che i programmatori più esperti si sacrifichino per i meno esperti, organizzando manifestazioni, scioperi, occupazioni. Ciò è il contrario della situazione attuale, nella quale i programmatori più esperti approfittano dei propri vantaggi per far fare la maggior parte del lavoro ai meno esperti.