Spesso sentiamo dire dai nostri colleghi la frase:
«Noi non facciamo Agile da manuale». Non possiamo fare a meno di
percepire il senso di colpa di chi parla, che si sente una specie di
eccezione alla regola, alla stregua di un brutto anatroccolo.
In questo post, per agile, intendo i modelli a processo agile.
Negli anni, ho sentito questa frase così spesso,
che ho cominciato a chiedermi se qualcuno facesse effettivamente
Agile da manuale e, in generale, su quali basi di conoscenza si
fondassero le metodologie agili.
Le discipline coinvolte in questo approfondimento
sono la psicologia e la sociologia del lavoro.
Modelli a processo agile
Roger S. Pressman, nel libro Principi di Ingegneria del Software, descrive diversi modelli a processo agile:
- Extreme Programming;
- Sviluppo di Software Adattativo (ASD, Adaptive Software Development);
- Dynamic Systems Development Method;
- Scrum;
- Crystal;
- Feature Driven Development;
- Agile Modeling.
Di solito, nessuno di questi approcci viene applicato alla lettera.
I metodi Agile come teorie di progettazione del
lavoro
Le teorie di progettazione del lavoro sono un
ambito di studio all’interno della psicologia del lavoro. Tale
studio è finalizzato al raggiungimento degli obiettivi aziendali e
alla riduzione dei problemi dei lavoratori.
In tale ambito di studio, nel 1976,
Richard Hackman e Greg Oldham hanno proposto un modello, detto “Job
characteristic theory”, secondo il quale, se il lavoratore ha delle
capacità ampie e fa cose diverse, ha dei compiti assegnati
unicamente a lui dei quali conosce l'importanza, può svolgerli in
autonomia e conoscerne l'esito; allora il lavoratore sarà più
motivato e soddisfatto, farà un lavoro di maggiore qualità e
tenderà ad essere meno assente ed a dimettersi di meno.
Analizziamo punto per punto quello che la Job
characteristic theory dice dell’Agile:
-
varietà delle abilità: questa
caratteristica viene migliorata con l'agile e con il principio
secondo il quale tutti devono essere in grado di fare tutto;
-
identificazione con i compiti:
dipende dai responsabili, in alcuni casi è possibile con l'agile,
in altri no;
-
conoscenza del significato dei compiti:
il principio della comunicazione stretta e del coinvolgimento del
cliente favoriscono questa conoscenza;
-
retroazione: avere dei cicli di
sviluppo di breve durata permette di sapere come stanno andando le
cose, quali funzionano e quali no.
Quindi, se si opera anche per garantire
l'identificazione tra il lavoratore ed il compito, cosa su cui
l'agile non si pronuncia, l'agile favorisce la motivazione dei
lavoratori.
Il profitto a breve termine e il primum vivere
Primum vivere deinde philosophari è una
frase latina che significa letteralmente prima vivere, poi
filosofare.
Incoraggia quindi un
approccio utilitarista alla vita.
Sul profitto a breve termine e sul primum
vivere si è espresso Francesco Novara (psicologo del lavoro
presso Olivetti) dicendo che se un lavoratore è precario e sa che la
sua permanenza nell’azienda sarà di tre mesi, farà onestamente il
compito assegnatogli, ma non svilupperà le conoscenze necessarie al
miglioramento del suo lavoro.
La ricerca del profitto a breve termine è
contraria all’investimento, che non è solo di tipo economico,
l’investimento è anche di tipo psicologico, ad esempio l’energia
che un programmatore potrebbe investire per approfondire le proprie
conoscenze di un determinato ambito.
La funzione psicologica del lavoro
Stiamo passando da delle modalità lavorative
nelle quali l’iniziativa soggettiva non trovava nessuno spazio; a
dei contesti nei quali questa iniziativa è necessaria ogni giorno.
Ai lavoratori viene richiesta questa attivazione per conciliare
quello che non è conciliabile: regolarità, velocità, qualità,
sicurezza. Questi conflitti, tra criteri ed obiettivi che non possono
essere realizzati simultaneamente, vengono interiorizzati e
comportano nuove dissociazioni, che possono portare alla
schizofrenia.
La schizofrenia è quando una persona non riesce
più a percepire la differenza tra sé ed il mondo esterno e confonde
i propri eventi mentali con quelli del mondo esterno.
Si ha quindi una attività lavorativa nella quale
i lavoratori sono chiamati ad assumersi le proprie responsabilità,
senza avere il potere di agire.
L’utilitarismo
L’utilitarismo nasce in Inghilterra a seguito
del positivismo francese. Mentre il positivismo francese promuoveva
l’emancipazione dei popoli, l’utilitarismo propone di andare
verso il massimo piacere possibile per tutti e tende ad identificare
le azioni utili con quelle azioni che aumentano il piacere del
maggior numero di persone. L’obiettivo utilitario viene spesso
identificato con il massimo prodotto generato.
Gli approcci Agile sono di tipo utilitario, perché
da molta importanza al prodotto finale ed ai desideri del cliente,
infatti all’inizio del Manifesto Agile, c’è scritto:
La nostra massima priorità è soddisfare
il cliente rilasciando software di valore, fin da subito e in maniera
continua.
Il paradosso di Easterlin
Il paradosso afferma che non esiste una
correlazione significativa e robusta tra reddito e felicità
soggettiva. Ecco la spiegazione del paradosso:
La principale spiegazione economica al
«paradosso della felicità» è stata avanzata dall’economista
americano Robert Frank e dall’inglese Richard Layard, i quali si
soffermano sui meccanismi di competizione e di rivalità. Queste
teorie affermano che il benessere che traggo dal mio reddito o
consumo dipende soprattutto dal confronto tra il mio reddito e quello
degli altri con cui mi confronto o competo. Il benessere che mi
deriva dall’acquistare un’auto nuova, ad esempio, può essere
inferiore se vedo il mio vicino acquistarne una più bella e più
grande. Il «consumo vistoso» può generare una sorta di
competizione posizionale, nella quale si è sempre impegnati a
superare gli altri, o quantomeno a stare al loro passo. La
competizione posizionale spiegherebbe perché all’aumentare del
reddito la felicità non aumenta di pari passo: se insieme al mio
reddito aumenta anche il reddito del vicino, allora sono punto e a
capo.
Riassumendo: l’Agile si giustifica all’interno
di un approccio utilitarista, ma l’utilitarismo stesso non è in
grado di garantire la felicità agli individui. Quindi l’Agile non
è in grado di garantire la felicità degli individui.
Teorie sposate e teorie usate
Le parole che usiamo per indicare quello che noi
facciamo, o meglio, vogliamo far credere agli altri che facciamo, è
la teoria sposata.
Quando viene chiesto a qualcuno come si
comporterebbe in una certa circostanza, la risposta che viene data di
solito è la sua teoria d’azione sposata per quella situazione.
Questa è la teoria d’azione che crea obbedienza e che, su
richiesta, viene comunicata agli altri. Comunque, la teoria che
governa le sue vere azioni è la teoria in uso. (Argyris e Schön
1974: 6-7)
Fare questa distinzione ci permette di porci delle
domande su quanto ogni comportamento corrisponda alla teoria sposata;
e se le emozioni interne vengano espresse mediante le azioni. In
altre parole, c’è congruenza tra le due?
Il libro “Inner Contradictions of Rigorous
Research” di Argyris cerca di aumentare la congruenza tra le teorie
in uso e le teorie sposate. Ad esempio, spiegare le nostre azioni ad
un collega può far emergere una parte di teoria conveniente. Ad
esempio, possiamo spiegare la nostra uscita improvvisa dall’ufficio
dicendo che c’è stato un problema legato ad un cliente, mentre
nella teoria in uso, il vero motivo per il quale siamo usciti
dall’ufficio era che eravamo annoiati dalla burocrazia o dalla
riunione e che una uscita da questa situazione avrebbe giovato.
Sembra che l’Agile sia una teoria sposata,
mentre in realtà, le stesse persone che promuovono l’Agile,
ragionano in un approccio a cascata.
I lavoratori inadeguati e fragili
Yves Clot, psicologo al Conservatoire des art et
métiers di Parigi, dichiara:
Non sono i lavoratori a essere troppo
“inadeguati”, fragili, da “curare”. È il lavoro e il modo in
cui è organizzato che vanno curati. Un modo gretto, meschino che
spinge un numero sempre crescente di colletti bianchi a sopportare un
lavoro ni fait ni à faire. Molta capacità, molta voglia
d'impegnarsi viene dispersa, le risorse psicologiche e sociali dei
salariati vengono buttate via, le loro energie perdute all'interno di
un'organizzazione che non sa cosa farsene.
Questo esempio mostra nuovamente come, spesso, le
colpe dell’organizzazione vengano scaricate sui dipendenti, creando
un contesto nel quale risulta difficile innovare e sperimentare nuovi
metodi. Quindi, per permettere il miglioramento continuo, è
necessario contrastare queste tendenze negative.
Primo Levi e la spasmodica corsa alla
competitività
Riporto un brano estratto da “Etica della cura.
Riflessioni e testimonianze su nuove prospettive di relazione” di
Virginio Colmegna:
In questa situazione la medicina
riproduce i rapporti di produzione del lavoro industriale in cui Marx
vedeva il pericolo dell'alienazione dell’uomo.
Nel suo libro Souffrance
en France lo psicologo del lavoro Christophe Dejours traccia un
quadro della pressione esercitata oggi sui rapporti nel mondo del
lavoro in nome di quella spasmodica corsa alla competitività che
l'economia neoliberista ha fatto prevalere come legge universale
delle relazioni umane.
Gli individui vengono indotti a spezzare
ogni legame cooperativo fra di loro, riproducendo quella stessa
«banalità del male» che Hannah Arendt riconobbe e descrisse
all'opera nella terribile macchina dello sterminio nazista. I
carnefici dei fratelli non sono mostri o pervertiti patologici, ma
sono in tutto e per tutto «brave persone», a volte addirittura i
migliori. Essi vengono però addestrati a sopire ogni reazione alla
vista della sofferenza altrui, spesso aiutati da richiami a forti
odori, se non più etici e altisonanti (la purezza della razza)
almeno di tipo aziendale. E sono inoltre continuamente sospinti da un
lato dalla paura di perdere la propria posizione, economica e
sociale, dall'altra di non mostrare il coraggio richiesto qualora non
fossero abbastanza pronti a realizzare quella selezione naturale, che
trova un appoggio teorico nell'adattamento della teoria darwiniana, e
che Primo Levi, uno dei pochi rimasti a raccontarla, descrive come il
meccanismo di Selektja che continuamente veniva operata nei
campi di sterminio.
Con sommo sconforto Dejours osserva che
l'odierna banalità del male pervade ormai tutto l’ambiente
lavorativo, e che timi vengono resi abbastanza adatti a essere di
volta in volta carnefici implacabili e poi vittime rassegnate.
Questa
situazione è esattamente il contrario di quanto è necessario per
creare un ambiente lavorativo sereno.
Conclusioni
Le difficoltà nell’implementazione delle
metodologie agili spesso derivano dalle dinamiche psicologiche e
sociologiche delle organizzazioni. Una rimozione completa della
mentalità dell’azienda risulta essere impossibile, quindi è
cruciale cercare un compromesso tra l’organizzazione precedente e
quella verso la quale si cerca di andare.
Bibliografia
- I principi sottostanti al Manifesto Agile
-
Yves Clot, “La funzione psicologica del
lavoro”
-
Dominique Méda “Società senza lavoro.
Per una nuova filosofia dell'occupazione”
-
Argentero, Cortese, Piccardo, “Psicologia
del lavoro”
-
Argyris, C., Schön, D.A. 1974. “Theory
in Practice: Increasing Professional Effectiveness.” San
Francisco: Jossey-Bass.
-
Christophe Dejours, “L’ingranaggio
siamo noi”, Mannucci Editore, 2000